INFLATION LINKED ED ASPETTATIVE SULL’INFLAZIONE
L’inflazione sta aumentando a livello mondiale e si sta rivelando meno temporanea di quanto inizialmente previsto. Uno fra i più diffusi strumenti finanziari in grado di proteggere i risparmi dalla perdita del potere d’acquisto in contesti inflazionistici è indubbiamente rappresentato dalle obbligazioni inflation linked. Esse consentono infatti di combinare le caratteristiche di un’obbligazione a tasso fisso nominale con la variabilità dell’inflazione.
Non sempre però, soprattutto quando le attese di futuri rialzi nei prezzi sono divenute ampiamente condivise dal mercato, i bond inflation linked rappresentano la migliore soluzione di investimento.
Questo perché, abbinando ad una cedola nominale anche un rendimento indicizzato al futuro andamento dell’inflazione, i prezzi a cui vengono scambiati incorporano sempre le aspettative di inflazione prevalenti sul mercato in quel dato momento.
Essi possono pertanto rappresentare una valido strumento di protezione solo nel caso in cui l’inflazione futura che si realizzerà sarà superiore a quella già «scontata» nei prezzi di acquisto (breakeven).
Per valutare l’opportunità di investimento in un bond indicizzato all’inflazione risulta quindi importante conoscere il livello di breakeven implicito nel suo prezzo (calcolato come differenza tra il rendimento di un bond nominale di pari scadenza e il rendimento reale dell’inflation linked). Poiché i timori di inflazione già da diversi mesi hanno spinto gli acquisti di bond inflation linked, essi hanno registrato importanti rialzi dei prezzi e, conseguentemente, dei relativi livelli di breakeven.
In ottobre/novembre del 2021 i titoli governativi inflation linked a10 anni hanno registrato i massimi di periodo, a cui sono corrisposti i più alti livelli di breakeven almeno degli ultimi 10 anni, pari al 2,75% per i Treasuries, all’1,96% per i Bund e all’1,86% per i BTP.
L’inflazione media attesa per i prossimi 10 anni prezzata dal mercato ha pertanto tendenzialmente raggiunto, o addirittura superato nel caso dei Treasuries, il target di inflazione del 2% di BCE e Fed.
Il rischio è dunque che, in questo momento, i bond inflation linked già prezzino correttamente l’inflazione futura attesa, probabilmente non destinata ad aumentare ulteriormente nel prossimo futuro ma, anzi, a ridursi man mano che le banche centrali porranno in essere politiche monetarie più restrittive.
A parità di altre condizioni la riduzione dei livelli di breakeven, e quindi delle attese sull’inflazione futura, comporta la registrazione di perdite in conto capitale per i detentori di bond indicizzati. Tale potenzialità di perdita si unisce, in questa fase di mercato, alle performance negative conseguenti al progressivo aumento dei rendimenti nominali e reali attualmente in atto. Osservando l’andamento più recente si rileva che I prezzi dei bond legati all’inflazione hanno da qualche settimana corretto significativamente e i tassi reali offerti sono del pari saliti.
Questo è avvenuto nonostante la pubblicazione in data 7 gennaio del dato preliminare di dicembre relativo all’inflazione dell’Eurozona, salito al 5%a/a, e in data 12 gennaio del dato di inflazione USA di dicembre, che ha raggiunto il 7% a/a. A fronte di tale dati, sorprendentemente elevati, la reazione dei prezzi dei titoli legati all’inflazione è stata nulla. I corsi dei titoli inflation linked hanno infatti continuato il loro trend in discesa nei giorni successivi. Anche tale evidenza di mercato porta a ritenere che le quotazioni raggiunte dai titoli inflation linked siano particolarmente elevate e che inizi ad esserci ampia condivisione, almeno fra gli investitori istituzionali, che essi non rappresentano più una copertura contro il rischio di una perdita del potere d’acquisto.