analisi finanziaria
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A settembre di quest’anno si volterà pagina.Dopo l’aumento di 25 punti base del 21 luglio, la BCE accelererà il tasso in autunno: +0,5%. Oltre a ciò, +0,25% per trimestre. L’aumento sarà, nel linguaggio dell’istituzione, sostenuto ma graduale. Obiettivo a medio termine? Il tasso neutro, pari al 2%, o addirittura superiore con l’avvicinarsi dell’estate del 2024. Sebbene sia ancora Christine Lagarde a scrivere il manoscritto, non sembra avere tutte le carte in mano. Come se fosse assillata da un editore che ha fretta di andare in stampa, la BCE reagisce piuttosto che agire.  La BCE è schiacciata dall’aumento dell’inflazione, che è più forte del previsto (7% previsto per la fine dell’anno) e sta già intaccando la crescita economica.Come per la BOE, la morsa si stringe nella zona euro, dove la BCE, troppo lenta nell’adeguare la sua politica, si trova nella difficile posizione di un giocatore di scacchi che deve sacrificare la sua regina (la crescita) per salvare il suo re (la stabilità dei prezzi), al prezzo di danni collaterali già visibili… Lo spread tra i rendimenti dei Bund tedeschi e dei BTP italiani ha iniziato ad allargarsi in reazione alla conferenza stampa di una Lagarde che si è mostrata meno materna. Sebbene preoccupato per il rischio di “frammentazione” degli spread tra i Paesi, non sono stati rivelati gli strumenti per contenere la dislocazione dei rendimenti sovrani della zona, poiché probabilmente non esistono in assenza di un consenso all’interno del Consiglio.  La mancanza di consenso è evidente anche nella mancanza di audacia nell’uscita dalle politiche quantitative. A differenza della FED e della BOE, la BCE non comprimerà attivamente il proprio bilancio… Se gli acquisti netti di attività cesseranno il 1° luglio, le obbligazioni continueranno a essere reinvestite attraverso il programma standard di acquisto di attività (APP). Il Programma di acquisto di emergenza per le pandemie (PEPP) viene mantenuto fino alla fine del 2024. Questo aggiustamento tardivo, volto a contenere l’inflazione attraverso la repressione finanziaria di un surriscaldamento economico che non esiste più, è solo a metà, poiché i prezzi dei beni di prima necessità, che sono diventati più scarsi, sono diventati indipendenti dalla domanda… Quale aggregato economico della zona euro resta da reprimere per sgonfiare questa inflazione che, ricordiamolo, resta fuori dalla portata delle Banche Centrali perché trainata dall’esplosione dei prezzi dei cereali (condizioni climatiche sfavorevoli, guerra in Ucraina), del petrolio (sottoinvestimento da parte dei produttori) e del gas che, secondo l’Agenzia Internazionale dell’Energia, potrebbe essere razionato quest’inverno in Europa, al culmine dell’aumento dei tassi della BCE… Perché non citare il valore dell’euro storicamente basso che, vicino alla parità con il dollaro in cui sono denominate queste materie prime, aumenta il prezzo alla pompa e sullo scaffale con ogni centesimo che perde? Quale messaggio ci sta inviando la BCE sulla sua valuta? Che senso ha un euro debole in tempi di alta inflazione? In un mondo che sta rallentando, deglobalizzandosi, di fronte alla concorrenza di uno yen storicamente basso, l’argomento della competitività delle esportazioni è ben compreso come prima?  Come spesso accade dopo l’uscita di Draghi, il mercato ha il delicato compito di interpretare la mancanza di chiarezza delle conferenze stampa della BCE…

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