Usualmente la holding quale capogruppo societaria è costituita in forma di società di capitali, quale strumento per la gestione delle partecipazioni: può essere una società in parte anche operativa, che detiene partecipazioni di maggioranza/minoranza di società operative, o anche liquidità, titoli, immobili e altri beni.
Con la holding società di capitale nonché anche con il trust holding si tende a realizzare: la tutela dell’integrità del Gruppo secondo le linee guida del fondatore; disciplina dei rapporti societari/familiari al fine di evitare ripercussioni sull’operatività del Gruppo; visione strategica di Gruppo; razionalizzazione della struttura finanziaria; potenziali benefici fiscali (participation exemption, consolidato fiscale, IVA di gruppo, ecc.); politica di erogazione di dividendi alla famiglia; pianificazione del trasferimento generazionale.
Il trust holding, però presenta maggiori vantaggi, non solo fiscali, rispetto alla holding società di capitali con partecipazioni.
Con il trust si ottiene la perfetta segregazione patrimoniale dei beni conferiti: i beni rimangono esposti solo alle pretese dei creditori del trust, ossia coloro nei cui confronti il trustee ha contratto obbligazioni per l’amministrazione e la gestione dei beni trasferiti.
I beni conferiti in trust non sono “aggredibili” dai creditori del trustee/disponente/beneficiari, nel caso della holding societaria di capitali, invece, i creditori particolari del socio della holding possono, invece, aggredire le sue quote/azioni, potendo mettere a repentaglio anche l’equilibrio societario, quindi quello che non è aggredibile (le quote o azioni) nelle società operative lo si può fare nella holding societaria titolare delle quote ma in ultima analisi titolale del socio persona fisica.
Con il trust holding è, inoltre, possibile gestire al meglio la pianificazione successoria, specie in caso di passaggio generazionale: il conferimento delle partecipazioni in trust permette di rinviare la decisione di chi, tra i discendenti, possa guidare il Gruppo, e nel contempo impedire il frazionamento della proprietà e l’arresto dell’operatività, inoltre se gli eredi sono minori e non si è ancora individuato tra i discendenti chi ha maggiori doti di imprenditore non ci saranno problemi di tutore nominato del Giudice Tutelare.
Diversamente nel caso della holding società di capitale, anche in presenza di una puntuale regolamentazione statutaria, la morte del socio di riferimento (così come la sua sopravvenuta incapacità), può condurre allo stallo della gestione (con conseguente perdita di valore); allo stesso modo il ricorso a soluzioni come l’usufrutto delle quote, oltre che lasciare esposto il socio usufruttario e nudo proprietario alle azioni dei suoi creditori, è una soluzione “rigida” che non consente modifiche nel caso in cui – in seguito alla costituzione dell’usufrutto – si volesse lasciare ad un solo discendente l’attività d’impresa, riservando agli altri la liquidità o la parte immobiliare.
Accanto ai vantaggi insiti della natura ed effetti del trust vi sono dei notevoli vantaggi fiscali.
Nel conferimento delle partecipazioni iniziale alla holding.
- Con il conferimento di partecipazioni in una holding(società di capitali o società di persone) può comportare il realizzo delle plusvalenze, salve le ipotesi previste dall’art. 175 del T.U.I.R., ossia per il conferimento di partecipazioni di controllo/collegamento o dall’art. 177 del T.U.I.R., ossia in caso di permuta-conferimento con conseguente acquisizione del controllo della società scambiata.
Pertanto, tranne per le ipotesi sopra indicate, nel caso di azioni non di controllo/collegamento, obbligazioni, strumenti finanziari partecipativi, partecipazioni non di collegamento, o ancora quando per effetto del conferimento non si acquisisce il controllo, ecc., il conferente realizza un capital gain (o reddito d’impresa se i beni sono detenuti in regime di impresa), con conseguente tassazione e applicazione dell’art. 9 del T.U.I.R., dato che il conferimento configura una cessione a titolo oneroso.
Ugualmente allo stesso modo nel caso di conferimento di immobili che hanno i requisiti di cui all’art. 67, comma 1, lett. b), del T.U.I.R. (ossia immobili detenuti da non più di cinque anni).
E nel caso di conferimento di beni in una holding società di capitali è, inoltre, richiesta la perizia giurata di stima (artt. 2343 c.c. ss., o art. 2465 c.c.).
Addirittura, il conferimento di partecipazioni in regime di neutralità fiscale potrebbe essere oggetto di contestazione da parte dell’Amministrazione finanziaria per abuso del diritto (elusione fiscale).
- Con la devoluzione di partecipazioni e di beni in trust non comporta realizzo di capital gain, in quanto non configura una cessione a titolo oneroso (il disponente non riceve, infatti, partecipazioni in cambio),e non necessita della perizia di stima ex 2343/2465 c.c.
Così per le imposte indirette, è oramai consolidato il principio giuridico della Cassazione che tali devoluzioni sono soggette a tassa fissa in quanto non si realizza al momento l’effetto traslativo.
Infine, va ricordato che il trasferimento di azienda o di partecipazioni di controllo, in un trust irrevocabile e non discrezionale, per un periodo non inferiore a 5 anni, e con contestuale impegno del trustee a proseguire nell’esercizio dell’attività d’impresa o di detenzione delle partecipazioni, non sconta alcuna imposta – in base all’art. 3, comma 4-ter, D.lgs. n. 346/1990 – sempreché i beneficiari siano i discendenti e/o il coniuge del disponente ed in tale senso la stessa AE con la risoluzione n. 110/E/2009
Distribuzione dividendi
Sia la holding societaria e trust holding hanno una tassazione sostanzialmente equivalente, dato che – a fini fiscali – l’art. 73, lett. b), c) e d), del T.U.I.R. include espressamente il trust tra i soggetti passivi dell’IRES.
Tuttavia, il comma 2 dell’art. 73, introduce una deroga, prevedendo una sorta di regime di trasparenza nei casi in cui i beneficiari dei trust siano individuati (ossia nel caso di trust trasparente o misto, in contrapposizione al trust senza beneficiari individuati, detto opaco), per cui nel caso di beneficiari individuati, si può dire che la tassazione del trust trasparente assume una connotazione bifasica:
(1) determinazione del reddito imponibile in capo al trust, che lo fa secondo le regole proprie dei soggetti IRES, commerciali e non;
(2) successiva imputazione dell’imponibile (in ogni caso, e cioè a prescindere dall’effettivo incasso) ai beneficiari, con una dizione atecnica da parte del legislatore, che parla di imputazione del reddito “in proporzione alla quota di partecipazione”, secondo un modello ricalcato sulla tassazione degli enti societari, ancorché il trust non abbia tali caratteristiche (nel trust non vi sono soci, ed i beneficiari non hanno diritto a influenzare la gestione con nomina amministratori, ecc.).
Vi sono due tipologie di Trust commerciale e non commerciale:
- Per i trust non commerciali: i dividendi ricevuti da società conferite in trust concorrono a formare il reddito del trust nella misura del 77,74%:
- trust opaco non commerciale: i)i dividendi percepiti sono imponibili nel limite del 77,74 ed assoggettati a tassazione con l’aliquota del 24%; ii)le plusvalenze su partecipazioni sono imponibili secondo il regime di tassazione proprio delle persone fisiche-
- Trust commerciale
- il trust opaco commerciale: l’imposizione è quella prevista anche per le società commerciali imponibile al 5%
- Persone fisiche titolari di Dividendi. La Finanziaria 2018 (L. 205/2017) ha uniformato per le persone fisiche non imprenditori,la tassazione degli utili di natura qualificata e non qualificata, prevedendo anche per i primi la tassazione tramite ritenuta a titolo d’imposta nella misura del 26% in luogo della tassazione con le aliquote marginali IRPEF su una base imponibile parziale (40%, 49,72% o 58,14% a seconda del periodo di formazione degli utili per gli anni antecedenti al 2016).
Si pongo a raffronto le varie ipotesi di tassazione a confronto dei Dividendi
Tassazione a confronto – Plusvalenza
In caso di liquidazione della holding società con assegnazione ai soci /beneficiari
I vantaggi del trust holding, rispetto alla holding societaria, emergono altresì in caso di assegnazione dei beni ai beneficiari del trust holding, rispetto ai soci della holding societaria.
Anche dall’Amministrazione finanziaria nella circolare n. 48/2007, l’assegnazione dei beni ai beneficiari non comporta ulteriore tassazione (sia diretta che indiretta), in quanto: i) se il trust è trasparente, il reddito imputato per trasparenza è già stato tassato secondo le aliquote personali del beneficiario e l’effettiva percezione rimane una mera movimentazione finanziaria, ininfluente ai fini della determinazione del reddito; allo stesso modo ove il reddito abbia scontato una tassazione a titolo d’imposta o di imposta sostitutiva; ii) sulla base dei medesimi principi, i redditi conseguiti e correttamente tassati in capo al trust prima della individuazione dei beneficiari (quando il trust era “opaco”), non possono scontare una nuova imposizione in capo a questi ultimi a seguito della loro distribuzione.
Nel caso di liquidazione della holding societaria, invece, se il socio è persona fisica che non agisce in regime di impresa, l’art. 47, comma 7, del T.U.I.R. stabilisce che costituisce utile la parte delle somme o del valore normale dei beni ricevuti dai soci (in caso di liquidazione della società) che eccede il costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione, ovvero il prezzo pagato per l’acquisto o la sottoscrizione delle azioni o quote annullate (con un trattamento fiscale differenziato a seconda che trattasi di partecipazione qualificata o meno).
Eguali conseguenze si producono per la holding ai fini IVA, nei casi in cui l’operazione sia rilevante, come, per esempio, nel caso di immobili.
Vantaggi societari del trust holding rispetto holding societaria
Il trust holding rappresenta uno strumento più efficace della holding societaria anche per gli aspetti societari che riguardano la gestione delle partecipazioni.
Pur in presenza di un’ottima regolamentazione statutaria e pattizia, la holding infatti sconta – da un lato – i limiti dei patti parasociali, che hanno natura obbligatoria e non reale, hanno una durata limitata nel tempo, e – dall’altro – il limite della rigidità dell’assetto societario che necessita di maggioranze, a volte anche molto elevate, per la sua modifica.
Basti pensare al caso, invero frequente, in cui il “capo-famiglia” si spoglia della nuda proprietà, riservando a sé medesimo l’usufrutto sulle quote/azioni, ed ai rischi – in caso di morte – di avere membri della stessa famiglia che sono in conflitto tra loro e non riescono a trovare un’intesa neppure per l’approvazione del bilancio.
Nel trust holding, invece, l’assunzione del ruolo di amministratore o di protector da parte del disponente finché in vita, e l’indicazione di un trustee per il post mortem, assicura la continuità nella gestione, senza i traumi derivanti dalla successione ereditaria. In altre parole, la holding appare vulnerabile in caso di morte del socio o di pignoramento delle azioni ad opera dei creditori del socio; per contro, nel trust holding l’unico soggetto titolato ad esercitare i diritti amministrativi e patrimoniali (diritto di voto, diritto al dividendo, ecc.) è il trustee, ed il trust resta insensibile alle vicende debitorie del settlor o alla sua eventuale morte.
L’utilizzo del trust holding, come strumento di controllo delle partecipazioni, può inoltre permettere di evitare il bilancio consolidato. Gli artt. 25 e 26 del D.Lgs. n. 127/1991 obbligano S.p.a., S.a.p.a. e S.r.l. al consolidamento di bilancio delle imprese controllate, poiché il trust non è soggetto indicato dall’art. 25 del D.Lgs. n. 127/1991 non ha obblighi di consolidamento, e quindi ha meno costi.
L’utilizzo del trust holding, inoltre, se con determinate caratteristiche, consente anche di evitare le responsabilità connesse alla c.d. direzione e coordinamento, di cui agli artt. 2497-2497-septies c.c. che postula responsabilità diretta: i) nei confronti dei soci degli enti controllati per pregiudizio alla redditività/valore; ii) nei confronti dei creditori sociali per lesioni all’integrità patrimoniale.
Secondo l’opinione comune il trust non è intestazione fiduciaria, né interposizione di persona: il trustee riceve istruzioni vincolanti dal soggetto indicato nell’atto istitutivo (disponente, guardiano o beneficiario) alle quali deve sottostare, pena l’inadempimento dell’obbligazione fiduciaria, e ciò comporterebbe l’interruzione della catena di controllo (ad eccezione del c.d. bare trust).
L’utilizzo del trust come holding può, inoltre, può essere utile per la gestione dei piani di stock option: l’attribuzione di stock option fa nascere una molteplicità di soci di minoranza, che possono creare fastidi e ostacolare l’armonia della corporate governance.
L’utilizzo del trust, al quale la società emittente trasferisce le azioni oggetto del piano di incentivazione, indicando i dipendenti/manager quali beneficiari, offre i seguenti vantaggi: i) vi è un solo titolare del diritto di voto (il trustee individuato dalla società emittente), che si pone come unico interlocutore in assemblea; ii) vi è un maggiore controllo da parte della società emittente sulla cessione delle azioni, una volta che sia trascorso il periodo di vesting; iii) i beneficiari sono liberati dagli adempimenti relativi al piano di stock option (in quanto assolti dal trust).